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lunedì 19 settembre 2016

Pillole di romanzo (2)


L’aula era stata ricavata in un grande capannone dove prima i soldati tenevano i cavalli e l’odore di sterco aleggiava ancora nell’aria, anche se forse sembrava solo a me.
Eravamo tanti bambini e ci divisero in vari gruppi, a rotazione stavamo nell’aula principale dove c’era la lavagna, anche se mancavano spesso i gessi e la cimosa. Quando il tempo lo permetteva la maestra ci faceva stare all’aperto e ci spiegava l’orientamento, il nord, il sud, la sinistra e la destra. Ci insegnò la rosa dei venti e il ciclo del sole, le stagioni, i mesi, le settimane, i giorni. Capii il significato del tempo e la durata delle cose. Ogni entità nasce, cresce e muore, come il sole. Compresi anche che tante cose alla fine del loro ciclo di vita potevano essere riciclate, adattandole a un uso diverso da quello iniziale.
La maestra era una ragazza giovane e carina, che veniva dalla città di Grosseto tutte le mattine con la bici, era brava e paziente e non dava nulla per scontato. Intese subito che eravamo avidi di sapere qualsiasi cosa, così trovò facilmente uno sfogo alla sua voglia di insegnare al di fuori dell’ordinario. Si era affezionata a noi e spesso restava oltre l’orario della scuola per soddisfare le nostre domande più assurde. Mi piaceva andare a scuola, sapevo che se avessi studiato, avrei presto imparato tante cose nuove e avrei avuto la possibilità di uscire da lì per guadagnarmi da vivere da sola. Ero già consapevole che avrei dovuto farcela da sola, di sicuro non avrei permesso al destino di lasciarmi lì per sempre, non avrei lasciato la mia vita volare dove voleva il vento, non sarei rimasta allo sbando senza lottare. Non dovevo farmi condizionare dalla sorte, la mia strada avrei dovuto trovarla da sola, ero fermamente convinta di questo fin dall’età di sei anni. E quindi mi impegnavo a imparare a leggere, a scrivere, a contare e imparai subito tutte le tabelline a memoria.
La scuola mi aprì nuove frontiere e cambiò il modo in cui mi approcciavo al mondo. Adesso notavo cose che prima non vedevo. Leggere diventava una scoperta, se prima una scritta in un cartello non significava niente, adesso la comprendevo. Leggevo le carte che trovavo per strada, leggevo i giornali vecchi a nonno. Questa forse era la cosa che più mi piaceva, leggere i giornali a nonno. Lui era entusiasta di questa novità e anche se le notizie che gli leggevo erano vecchie di alcune settimane a lui non importava. Sentivo che era orgoglioso di me e questo mi dava forza, speranza, fiducia.  Mi sentivo unica in famiglia, avevo finalmente qualcosa in più, gli stavo dimostrando che mi sarei riscattata.




 

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