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lunedì 30 ottobre 2017

Quel che non sai di me - Recensione


Sono tornata. Troppo tempo è passato, tutta l’estate. Un’estate calda e afosa che ha prosciugato i fiumi, rinsecchito le piante, fatto solchi profondi nella nostra terra. Un’estate che ha bruciato le nostre pinete e indurito i nostri cuori. Un’estate strana, che si è fatta quasi odiare anche da persone come me, che amano l’estate.

Un’estate che però è stata creatrice,  compagna di viaggio nella nascita del mio primo libro “Quel che non sai di me”.
E’ un romanzo che è nato dall’esigenza di parlare agli altri, di raccontare qualcosa a un mondo che è sempre meno disposto ad ascoltare, sia per il tempo che manca, sia per il vizio umano di essere sempre più concentrati su noi stessi e le nostre infinite esigenze e necessità. Avevo bisogno di raccontare uno stato d’animo, di buttare fuori un’emozione che cercava di uscire ,ma non trovava il modo. L’ho trovato scrivendo. Scrivere mi riesce più facile che parlare perché mi dà il tempo di riflettere e trovare la parola giusta, che a voce spesso non arriva. Scrivere è più semplice perché non guardo negli occhi nessuno e non ho paura di dire cose che faccia a faccia non direi. E così mi apro, mi libero, butto fuori tutti i miei pensieri. Ecco perché sono arrivata alla scrittura, per necessità.




Questa è la storia di Nina, cresciuta a Grosseto tra le macerie dopo il bombardamento del 26 aprile 1943, quando gli aerei statunitensi colpirono il cuore della Maremma e centinaia di grossetani furono costretti a stravolgere le proprie esistenze e risollevarsi da una tragedia ancora più profonda se unita al dramma della grande guerra contro i nazifascisti. Il romanzo narra del rapporto di Nina con sua madre. Nina è ormai una donna adulta, forte e realizzata, che assiste l’anziana mamma ripercorrendo quegli anni tragici e mettendo a nudo le tante domande rimaste appese senza una risposta in una situazione familiare difficile. Le storie delle due donne si sono rincorse su binari differenti, tra le numerose divergenze che hanno portato Nina a preferire i libri a un destino di stenti e ignoranza. Scelte che hanno avuto un costo, motivazioni che finalmente la donna ha la possibilità di spiegare alla madre in una lunga confessione. Ho scelto di mettere la protagonista in una condizione di libertà assoluta, ovvero davanti a una madre malata che non può risponderle, in modo che non abbia nessun tipo di vergogna e di paura di una risposta. Questo perché troppo spesso abbiamo proprio timore di quella risposta, di quella replica secca e severa che non ci aspettiamo. Alla fine non si tratterà di un vero e proprio monologo di Nina, perché la mamma, anche se non può risponderle con le parole, lo fa con i gesti, con la bocca, con una smorfia o con un sorriso. Durante il racconto le due donne appaiono profondamente diverse e distanti, ma pagina dopo pagina si capisce quanto, in realtà, siano legate e quanto amore abbiano l’una per l’altra nonostante le diversità e le scelte di vita totalmente differenti.  Grazie a questa confessione Nina recupera il legame con sua madre e riesce ad accettare finalmente le proprie insicurezze e la propria vulnerabilità.



Questo è un libro dove emergono con forza le figure femminili, ognuna con una personalità ben definita, ognuna che rappresenta i modi in cui si può essere donna. Gli uomini invece fanno da sfondo e si emancipano, crescendo insieme allo sviluppo della protagonista. Il ruolo degli uomini sembra secondario, ma non lo è. E’ importante per Nina conoscere il lato negativo di alcuni uomini per convincersi che nessuno dovrà mai metterle le mani addosso e costringerla ad essere una donna diversa. Lei cerca l’uomo che l’apprezzi per come è, se stessa. Perché avere accanto l’uomo giusto può fare la differenza e gli uomini di questo romanzo fanno la differenza. Nel romanzo parlo della violenza sulle donne, ma non solo, tocco temi sociali come  l'isolamento, la povertà, il dramma degli sfollati, l'alcolismo, tutti argomenti vivi del periodo bellico e post bellico, che si ripropongono oggi più che mai nella quotidianità. Sono temi attuali che l’evoluzione della società negli ultimi cinquant’anni non ha purtroppo migliorato e che ci dovrebbero far fermare e riflettere.
In questo libro provo a ripercorrere la storia della Maremma attraverso alcuni eventi storici che sono nella memoria e nel patrimonio di tutti, cerco di recuperare il linguaggio maremmano, di rievocare tradizioni e mestieri non più esistenti come quello della pellaia. Leggendolo, avvertirete un forte attaccamento alle mie radici, alla mia terra, la Maremma.

Il romanzo è stato finalista alla IV edizione del Premio Letterario Nazionale Bukowski e terzo classificato al Premio Letterario Giovane Holden.